Ci viene segnalato che, in data odierna, è stata effettuata una traduzione per visita urgente di un detenuto per essere sottoposto a TAC senza nessuna particolare indicazione.
Giunti in Ospedale, ed effettuata la TAC, il medico riferiva agli Agenti di scorta che lo stesso era affetto da “TBC Aperta” perciò facilmente trasmissibile attraverso la diffusione dei batteri nell'ambiente in concomitanza con l'emissione di piccole goccioline di saliva tossendo, starnutendo o semplicemente parlando.
Pertanto gli Agenti di scorta, oltre a subire le recriminazioni dei medici per aver portato il paziente senza mascherina di protezione, venivano invitati anch’essi ad indossarla immediatamente.
Gli ignari poliziotti, una volta portato a termine il compito affidato e rientrati in Istituto, presentavano una dettagliata relazione di servizio ma, a quanto pare, venivano rassicurati da un medico della “Rocco D’Amato” circa l’inesatta diagnosi resa dal medico del nosocomio, pertanto i poliziotti de quo sono tornati a svolgere normalmente la loro vita tra lavoro e famiglia, al contrario il detenuto, che fino alla mattina era ubicato in compagnia di altri, è stato isolato immediatamente dagli altri compagni di cella ed obbligato all’uso della mascherina.
E’ assolutamente inaccettabile che il Personale di servizio non venga tutelato né durante le funzioni lavorative, né conseguentemente all’eventualità di un probabile contagio, evidenziando un’assoluta mancanza di assistenza e sicurezza.
Quello che oggi si registra non è il primo caso di TBC verificatosi all’interno di un Istituto Penitenziario né, probabilmente, sarà l’ultimo, stante la concomitante presenza di molteplici fattori ad alto rischio di ricettività (dai soggetti ivi ristretti, ai luoghi chiusi e poco areati, alle condizioni igienico-sanitarie che non sempre rispettano quanto previsto dalle più elementari norme di salvaguardia della salute).
Quindi, osservare che, ad oggi, codesta Amministrazione non è in grado di mettere al corrente i poliziotti, a quanto pare per problemi di privacy (ci chiediamo ancora una volta vale di più la privacy di un detenuto o la salute dei poliziotti penitenziari??), che lavorano a stretto contatto con i detenuti, di eventuali patologie riscontrate, né addirittura a prendere subitanei provvedimenti in caso di probabile contagio, adottando tempestivamente il corretto schema sanitario atteso, né tantomeno di applicare le basilari norme di tutela e protezione del Personale di Polizia Penitenziaria, dotandolo dei Dispositivi di Protezione Individuale (guanti, mascherine, ecc.), utili ad evitare una probabile trasmissione di malattie contagiose, lascia assolutamente interdetti e senza parole!
Alla luce di quanto sin qui evidenziato quindi, si chiedono urgenti delucidazioni in merito a quanto accaduto e si invita la Direzione del Penitenziario a porre in essere, con estrema urgenza, tutte le condotte del caso per accertare quanto su esposto, eventuali responsabilità e di fare in modo che il Personale venga immediatamente informato su eventuali rischi di contagio e dotato di tutti i dispositivi di protezione individuale.
In attesa di urgente riscontro, si porgono distinti saluti.