Abbiamo appreso per via informale, poiché nulla è stato comunicato alle OO.SS., che l’Ufficio Contabilità e Programmazione Economica del PRAP di Bologna, con celerità inusuale da fare invidia al miglior Pietro Mennea, (al contrario di quanto avviene alle risposte delle note sindacali che interessano l’Ufficio Contabilità) ha trasmesso, alle Direzioni degli istituti penitenziari del distretto, una nota con la quale invitano i funzionari del Distretto all’immediato recupero delle somme liquidate e pagate a titolo di lavoro straordinario per aver prestato servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale per il periodo 2012 e 2013, in seguito alla lettera circolare Dipartimentale GDAP 0018368 del 19/01/2015
Ciò posto, a prescindere – in questa sede – da qualsiasi valutazione giuridica dell’Art. 1, comma 476, legge n. 147/2013 (legge di stabilità) anche in funzione della circostanza che la materia potrebbe considerarsi, almeno per certi versi, ancora sub iudice attesi i ricorsi giurisdizionali proposti dalla UILPA Penitenziari e rispetto ai quali si è già conseguita qualche decisione favorevole (cfr. TAR Bolzano), ci permettiamo di fare alcune considerazioni e richieste di chiarimenti.
- La giurisprudenza costituzionale, nell’ottica del diritto penale, con sentenza n. 364/1988 sul legittimo affidamento inerente la illegittimità costituzionale del principio ignorantia legis non exscusat, sancito dall’art. 5 del codice penale, ma estensibile alla totalità dell’ordinamento giuridico, ha riformulato l’art. 5 c. p. in termini di conoscibilità, ossia del dovere del cittadino di essere diligente nell’informarsi sulle norme giuridiche che lo riguardano, precisa che tale dovere di diligenza si ferma, concretizzandosi di fatto in una non responsabilità, nel caso in cui l’amministrazione con propri atti o comportamenti lo abbia indotto a ritenere corretto e conforme a legge il proprio operato, nell’interpretazione ed applicazione fattane da essa stessa, da qui è deducibile la connessione con il principio di certezza del diritto.
Questo può considerarsi a tutti gli effetti un tipico caso di legittimo affidamento che, come vedremo, ha avuto specifiche ricadute normative in altre materie.
Difatti, una specifica applicazione normativa dei principi dettati dalla suddetta pronuncia si è avuta nell’ambito dell’ordinamento tributario con l’emanazione della Legge 212/2000 (Statuto del contribuente) ove all’art. 10 si prevede che “i rapporti tra contribuente ed amministrazione sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede e che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorchè successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni ed errori dell’amministrazione”.
Orbene, seppur la giurisprudenza ha più volte ribadito che le circolari dell’amministrazione non sono atti vincolanti neppure per la stessa amministrazione, si deve osservare che il contribuente, pur di non entrare in conflitto con l’amministrazione anche per averne un eventuale vantaggio fiscale, tende normalmente ad adeguarsi alla prassi interpretativa della stessa e quindi non può poi essere sanzionato qualora si sia adeguato ad una prassi successivamente disconosciuta.
Per analogia a quanto sopra l’Amministrazione Penitenziaria sulla base della sentenza n. 01342/2012 del Consiglio di Stato Sez. V, emessa per la riforma della sentenza del T.A.R. Emilia Romagna - sez. distaccata di Parma - sezione I - n. 307/2011 ha emesso le ministeriali 4 luglio 2012 n. 3639/6089, 26 novembre 2012 n. 0421229, e, da ultimo la circolare 2 aprile 2013 n. 00117197, inducendo in errore l’appartenente alla Polizia penitenziaria che ha avuto un vantaggio acquisito “per colpa” dell’Amministrazione.
Da considerare altresì la sentenza del Consiglio di Stato Sez IV n. 3536/2008 nell’ambito di un contenzioso ove l’amministrazione con i propri atti ha indotto in errore l’interessato in buona fede, ha affermato che“ nel rispetto dei principi fondamentali fissati dall’art. 97 della Costituzione, l’amministrazione è tenuta ad improntare la sua azione non solo agli specifici principi di legalità, imparzialità e buon andamento, ma anche al principio generale di comportamento secondo buona fede, cui corrisponde l’onere di sopportare le conseguenze sfavorevoli del proprio comportamento che abbia ingenerato nel cittadino incolpevole un legittimo affidamento.
Il principio del legittimo affidamento trova il suo fondamento nei principi di correttezza e buona fede che presidiano i rapporti tra privati, e risponde all’esigenza di fondo, che ispira tutta la legge sul procedimento amministrativo del 1990 e del rinnovato rapporto fra Pubblica amministrazione e cittadino, di una Amministrazione sempre più efficiente e paritaria nei rapporti con i privati, al punto da conferire un ruolo secondario al principio di legalità rispetto alle aspettative legittimamente ingenerate nel privato, laddove è stato affermato nella giurisprudenza amministrativa che “la certezza del diritto e la stabilità dei rapporti giuridici tendono a prevalere sul principio di legalità, con la conseguenza che gli atti dell’autorità – seppure illegittimi – possono aver prodotto nei destinatari un affidamento circa i vantaggi loro assicurati, affidamento che non può essere sacrificato in ragione di motivi di interesse pubblico” (cfr. Tar Lazio – Roma, Sez. III, 10 gennaio 2007, n. 76).
Alla stregua di tali premesse, e sul piano più strettamente definitorio, è stato osservato che l’affidamento legittimo e ragionevole è espressione di un principio che impone al soggetto pubblico che voglia esercitare il suo potere nei confronti del privato, di tenere nel debito conto l’interesse alla conservazione di un vantaggio (ovvero un bene o un’utilità), conseguito in buona fede dal privato stesso per effetto di un previo atto o di un comportamento della pubblica amministrazione, a ciò finalizzato, unitamente all’indefettibile requisito che detto vantaggio si sia consolidato per effetto del decorso di un significativo lasso temporale.
- A quanto risulta a chi scrive, la predetta Direzione generale del personale e della formazione, in relazione all’argomento con l’emanazione della lettera circolare n. 0014687-2014 del 15 gennaio 2014, ha disapplicato, per la parte d’interesse, le ministeriali 4 luglio 2012 n. 3639/6089, 26 novembre 2012 n. 0421229 e 2 aprile 2013 n. 00117197.
Tuttavia, dette disapplicazioni paiono essere state disposte con effetto ex nunc (“sono da considerarsi non più applicabili”), escludendo dunque la ripetizione di somme già elargite.
- E’ di tutta evidenza che eventuali recuperi di retribuzione riferita ad anni decorsi andrebbero a ridurre il reddito complessivo percepito dagli interessati nei periodi pertinenti con probabili effetti anche ai fini delle imposizioni fiscali e contributive applicate e dell’accesso a prestazioni che al reddito complessivo sono riferite e proporzionate (assegno al nucleo familiare, etc.) pertanto è da chiarire come l’Amministrazione intenda far recuperare la maggiore tassazione pagata dal Poliziotto Penitenziario a seguito della maggiore entrata dovuta al “Riposo tolto”.
- Si chiede di conoscere altresì se l’Amministrazione ha intenzione di rateizzare eventualmente il recupero delle somme ricordandoVi fin da ora che “in capo all’Amministrazione vi è l’obbligo di procedere al recupero con modalità tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore” (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, Sez. Giur., 14/10/99, n. 517; Cons. St., Sez. IV, 22/09/05, n. 496, citt.) pertanto disponendo il recupero con modalità idonee a non incidere negativamente sul dipendente stesso (ad esempio, autorizzando una rateazione delle somme dovute)
Si prega pertanto la S.V. di volersi interessare personalmente della vicenda fornendo anche circostanziate informazioni in merito a questa Organizzazione Sindacale ed, attesa la particolare sensibilità dimostrata dagli Uffici del PRAP di Bologna nel ribadire l’evidenza, di fare in modo che le Direzioni siano sensibilizzate affinché ottemperino indefettibilmente anche al dettato della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, soprattutto con riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento e, più in generale, alla trasparenza di tutta l’azione amministrativa.
Nell’attesa di un urgente riscontro, molti cordiali saluti.