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Con Prot. 017/2024 della Segreteria Provinciale di Bologna, questa sigla aveva segnalato la situazione emergenziale in cui versava la Casa Circondariale di Bologna dove, ormai da mesi, si registra il cospicuo incremento della popolazione detenuta che, allo stato attuale, conta circa 840 detenuti presenti, a fronte di una capienza regolamentare di 492 detenuti, con un sovraffollamento del 170% circa (ben oltre la media nazionale) ed il consequenziale aumento delle criticità quotidiane e difficoltà gestionali, che si sono acuite in modo esponenziale, anche in considerazione del piano ferie ancora in atto, e dunque della minore presenza di personale di polizia penitenziaria e non solo.
Preme portare all’attenzione, di codesto superiore ufficio, la grave situazione di tensione che giornalmente si registra presso la struttura felsinea: come avevamo previsto anche il mese di agosto è stato un “mese di fuoco” per il personale di polizia penitenziaria.
Si sono verificate quotidianamente risse, aggressioni, rifiuto di rientrare nelle proprie camere detentive, autolesionismi, inosservanza di ordini, danneggiamenti, atti vandalici, e solo grazie allo spirito di sacrificio e ella grande professionalità del Personale presente, che non si sono verificati fatti ancora più gravi.
Siamo consapevoli che la “Rocco D’Amato” è l’istituto del capoluogo emiliano e quindi naturalmente il più affollato; siamo consapevoli che ad oggi su una capienza regolamentare in Emilia Romagna di 2900 detenuti ne sono presenti circa 3800, di cui quasi il 50% stranieri; siamo consapevoli degli sforzi fatti dal superiore ufficio che ha valutato e accolto le diverse richieste di
trasferimento per ordine e sicurezza avanzate dalla Direzione bolognese ma si vuole evidenziare come, la richiesta di trasferimento, arriva solo dopo aver compiuto tutti gli sforzi in termini di energia e opportunità e rappresenta, comunque, una sconfitta per l’organizzazione che ne chiede l’allontanamento, ma diventa l unica strada percorribile per ripristinare quel minimo di condizioni richieste per poter operare.
Ma è doveroso sottolineare come a fronte del trasferimento di soggetti facinorosi per gravi motivi di ordine e sicurezza, giungono presso l’Istituto di Bologna altrettanti soggetti provenienti da altri carceri, a volta con fascicoli “più pesanti” di quelli dei detenuti appena trasferiti.
Ciò comporta che, il detenuto che arriva, ha maturato delle aspettative in altri istituti che pretende nel nuovo soprattutto per quanto riguarda il tempo necessario per ottenere un piccolo lavoro e quindi il personale è costretto a “combattere” quotidianamente senza prendere respiro, in una situazione emergenziale continua che diventa esplosiva quando si tratta di un istituto dove vi sono circa 850 persone e nessuno spazio di manovra anche in termini di spazi detentivi. Anche il semplice cambio cella o sezione, che potrebbe in qualche modo risolvere criticità contingenti, diventa impossibile da fare con tutte le conseguenze che ne derivano in termine di reazioni dei detenuti senza contare il fatto che, molto spesso, non ci sono posti disponibili per i trasferiti da altri istituti e, soprattutto per i nuovi giunti, e se si trova un posto non si hanno materassi e lenzuola a sufficienza.
A tutto ciò si aggiunge che, per sopperire alla mancanza o grave carenza di altre figure, il personale di Polizia Penitenziaria, ed in particolar modo i sottufficiali, si devono rendere disponibili a diventare psicologo, infermerie, medico, psichiatra, educatore, assistente sociale, medico SERT e persino Postino si, perché a Bologna, il Coordinatore o suo vice di reparto, deve provvedere, tra i mille problemi, anche allo smistamento delle istanze dei detenuti (mod. 393) per i vari uffici e fare un tour alla ricerca anche delle decisioni al fine di poter fornire delle risposte congruenti. In sostanza fanno tutto, tranne espletare i compiti istituzionali demandati dalla Legge.
Ciò genera un sentimento di frustrazione nel ruolo rivestito; tali figure sono state snaturate e, oltremodo, impegnati alla risoluzione di questioni diverse dall’essere un punto di riferimento, guida e indirizzo per il personale.
Ormai il carcere è diventato una “università del crimine”, e il personale non ha strumenti né mezzi per prevenire e contrastare aggressioni, minacce, sputi, atti osceni, inosservanza di ordini, vandalizzazione di uffici e luoghi comuni. Si assiste impotenti alle violenze che quotidianamente i detenuti pongono in essere, sperando di tornare a casa senza doversi prima recare in un pronto soccorso.
Tale tragica situazione appare del tutto evidente se solo si presti attenzione al numero abnorme di assenze dal servizio per motivi di salute, assenze dovute all’ansia e allo stress con cui bisogna fare i conti quotidianamente, assenze che riguardano – dato alquanto allarmante - anche i giovani poliziotti con pochi anni di servizio.
Siamo consapevoli che l’attuale compagine politica non darà corso a nessun provvedimento deflattivo che possa ridurre i numeri della popolazione detenuta e diamo atto delle difficoltà di codesto superiore ufficio rispetto a una situazione del distretto non delle più rosee, ma chiediamo, con forza, di non assegnare presso l’Istituto bolognese detenuti facinorosi in numero elevato, almeno fino a quando non verranno ripristinate le minime condizioni per garantire l’ordine e la sicurezza all’interno delle sezioni e, soprattutto, generare nel personale quel sentimento di fiducia che sembra perso nei confronti dell' amministrazione.
Alla luce delle difficoltà come sopra rappresentate, si chiede altresì una rivalutazione urgente dell’autorizzazione che codesto superiore ufficio ha dato rispetto all’esecuzione di importanti lavori all’interno delle sezioni con i detenuti che continuano a permanere all’interno. Preme evidenziare che tale modalità di esecuzione dei lavori rappresenta una novità assoluta, che pregiudica gravemente la sicurezza interna, oltre che mettere a serio rischio l’incolumità degli operai. E per quanto i detenuti acconsentano a rimanere nelle camere, le movimentazioni sono numerose: passeggi, telefonate, colloqui, visite mediche, corsi, attività lavorativa, docce. Il tutto avviene con la presenza di civili all’interno delle sezioni, aggravando come sempre i compiti del
personale, che oltre ad occuparsi delle attività ordinarie e a destreggiarsi tra gli eventi critici quotidiani, deve anche tutelare l’incolumità degli operai.
Si invita quindi codesto Superiore Ufficio, come già fatto rispetto ad altri istituti del distretto, a disporre i dovuti provvedimenti di sfollamento per consentire l’esecuzione dei lavori in sicurezza e senza la presenza dei detenuti all’interno delle sezioni detentive.
Quanto sopra al fine di riprendere il controllo dell’Istituto affinché la Polizia Penitenziaria torni ad essere in prima linea nel contrasto e nella prevenzione del crimine in condizioni di sicurezza.

Domenico Maldarizzi

Allegati:
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